Pagine

Translate

domenica 8 settembre 2013

DISTRIBUZIONE DEI CANALI AUDIO SUL MIXER






Spesso per le persone che si avvicinano al mestiere di fonico in modo amatoriale non viene spiegato loro come distribuire le varie sorgenti sul mixer in modo che ognuno possa identificare con intuitività e poco sforzo quale è il canale di tal microfono, della chitarra, del cd, ecc …
Alcuni inseriscono le entrate sul mixer a caso, convinti che ogni canale sia identico all’altro con seri problemi poi di identificazione o con appiccicosi nastri adesivi descrittivi incomprensibili con frecce indicatrici che solo loro comprendono! Non ci sarebbe nulla di male se nella loro confusione riuscissero poi a distanza di ore a raccapezzarci ma il problema diventa grave se poi un altro fonico deve mettere mano al vostro montaggio! Immaginatevi cosa succederebbe se in una pila di quindici radiomicrofoni il sesto è nel canale tre, il tre nel canale quindici ed il quindici nel canale uno … già ci pensano i relatori a scambiarsi i microfoni se poi vedete nel ricevitore quello che modula ma non lo trovate nel mixer per amplificarlo il vostro lavoro diventerà epico! E se decidessimo di dare dei colori agli stessi? Stessa cosa! difficilmente avrete la prontezza di identificarlo e con tanti microfoni … auguri.
Per questo si usa distribuire i canali sul mixer “ a lettura”. Significa che ciò che vedete all’estrema sinistra del palcoscenico sarà sul canale uno e ciò che sarà sull’estrema destra nell’ultimo canale utilizzato. Così visivamente avrete un incontro diretto di ciò che succede e prontamente potrete agire sul mixer tempestivamente.
Per quanto riguarda invece una pila di ricevitori di radiomicrofoni, il primo in basso corrisponde al canale uno mentre l’ultimo in alto all’ ultimo canale utilizzato.
Per il live o per la registrazione (ed il missaggio) musicale multi traccia, la disposizione è molto simile. Unica cosa è che la batteria, di solito occupa i primi canali del mixer. Questo deriva dalle vecchie registrazioni a nastro. Sui nastri da quarti o da pollici, l’intera sezione del nastro, rispondeva in modo diverso alle frequenze registrate. Il nastro aveva alla sua estremità sinistra, un deterioramento maggiore e rispondeva meglio alle basse frequenze rispetto alle alte. Da questo, il primo canale del mixer è sempre dedicato alla grancassa. Poi al rullante (anche se sarebbe più opportuno assegnargli via via i tom), charleston, toms (appunto), over head left( panoramico), over head right (panoramico). Poi di seguito basso, chitarre, voci (sempre al centro del nastro dove la resa sonora era migliore), tastiere, …
Alcuni preferiscono amplificare con due microfoni il rullante: uno sopra, ed un microfono sotto, alla cordiera ma dell’ amplificazione della batteria e dei vari strumenti parlerò in un'altra occasione.
Roberto Iacomucci

giovedì 22 agosto 2013

COME REALIZZARE UN PROPRIO C.D. MUSICALE



COME REALIZZARE UN PROPRIO C.D. MUSICALE

Proprio oggi ho incontrato un mio amico compositore, giovane alle prime armi con la burocrazia italiana in fatto di pubblicazioni audio ed entusiasta dei suoi brani con i quali vorrebbe completare il suo primo cd solista. Mi ha chiesto come poter fare per stampare, realizzare una copertina e chiaramente poter divulgare la sua musica.

La prima mia domanda è stata: ma hai già registrato i tuoi brani in uno studio? No, mi rispose ho solo delle tracce o delle basi realizzate con il mio piccolo computer…
La seconda domanda, tanto per capire…cosa vuoi farci con il tuo cd? – venderlo nei negozi che conosco o ai miei concerti. Fu la risposta.
Terza stupida domanda…ma sei iscritto alla S.I.A.E.? no, guardandomi con occhi sospettosi come se si immaginasse che io abbia pensato di rubare le sue canzoni!
Io non ho nessuna intenzione di impossessarmi del tuo materiale, se voglio della musica la compongo, gli risposi ma se tu hai questo presentimento, che qualcuno ascoltando la tua musica possa farla propria, innanzi tutto devi tutelarla! Iscriviti prima all’ente come compositore, deposita i tuoi brani e poi costruisci il tuo disco.
Come faccio? Mi chiese…Beh, dopo esserti iscritto pagando la relativa quota, deposita i brani con adeguato spartito, ove basta segnalare la melodia e l’accompagnamento tramite i moduli prestampati che trovi nelle sedi S.I.A.E.. Poi devi trovarti uno studio di registrazione e creare la registrazione multitraccia, il missaggio e l’editing. Cioè un prodotto dove le sonorità ti rispecchiano, gli arrangiamenti ti soddisfino ed il master finale suona come un disco vero di quelli che compreresti tu stesso in un negozio.
Tanti artisti adottano studi diversi per queste operazioni ma potresti anche trovarti bene in un unico studio, se trovi feeling con i tecnici…
Una volta che hai realizzato il master devi pensare alla copertina, al suo formato, alla grafica, le foto, i testi se vuoi includerli, le note…insomma tutto ciò che vuoi rappresentare visivamente. È un’altra operazione importante se pensi che molte persone acquistano dischi solo per la copertina!
Terza cosa, la più fisica ed industriale è stamparlo. Ci sono diverse ditte che fanno questo servizio, hanno bisogno delle prime due cose e cioè master audio, copertina realizzata in bianco/nero o quadricromia con le misure esatte per la stampa, (ti daranno loro una delma per questo) sapere se vuoi un digi-pack o una confezione standard e di una delibera S.I.A.E.
Senza quest’ultima non stampano niente, oltre ai bollini che devono appiccicare singolarmente al prodotto. A meno che non ti metti tu stesso a duplicarli uno per uno. Un po’ come una volta si realizzavano i demo-tape su nastro a cassetta ma ciò ti impedirà di poter vendere i tuoi dischi nei negozi specializzati, al massimo potrai venderne qualche copia sottobanco ai tuoi concerti e se poi realizzi il master da solo, senza conoscere le basi di registrazione e missaggio, dovrai “scusarti “ come si faceva negli anni ’80 con gli acquirenti dicendo che la qualità è scarsa! Alzate il volume del vostro stereo, oppure, attenuate i bassi e così via…
Chiunque spenda soldi per un prodotto esige che questo funzioni bene altrimenti dovrai regalarlo a chi ti viene ad ascoltare o agli amici, se non vuoi fare brutta figura.
A questo punto la sua domanda di rito. “ma quanto mi costa?”
Lo scoglio più importante per un musicista che si autoproduce.
Non saprei quantificare così su due piedi… ma quanti brani hai intenzione di incidere? “Otto”. Fu la risposta, “forse nove…”
Beh, nove brani da un amico che ha uno studio ti costeranno circa 4000 euro…( se è abbastanza bravo) conta che ci vuole del tempo. Poi la copertina…altri 3/400 euro da un grafico al quale tu dai tutte le indicazioni ed immagini, senza servizio fotografico o quant’altro. Solo per l’assemblaggio e poi c’è lo stampaggio. Di quante copie? 100 mi rispose. Cento costano come 500 gli dissi. Devi contare la  masterizzazione necessaria agli stampatori, poi un costo per ogni copia ed il costo per ogni bollino S.I.A.E., ma non conviene stamparne poche copie perché il costo più alto per lo stampaggio è proprio il master. quello che con i vinili si chiamava glass master.
Il costo di stampa per ogni cd è inferiore se il numero è maggiore.
Ci penserò, mi rispose. Del resto è un bell’investimento. Sì, risposi, un investimento su te stesso e sulla tua arte con il quale sicuramente farai un salto di qualità.
Questa è la procedura in poche parole per realizzare un disco autoprodotto a meno che non si investa qualche migliaio di euro in più e si crei un piccolo studio personale adatto alle proprie necessità e si sperimenti sino a che non si ha un prodotto qualitativamente apprezzabile.

Roberto Iacomucci

mercoledì 21 agosto 2013

AUDIO - Il Giusto Volume



IL GIUSTO VOLUME


Quale volume tenere ad un evento? Direi senza sbagliarmi che dipende dall’evento!
Per conferenze ed inaugurazioni di mostre io mi baserei su un volume generale soft dei microfoni dei relatori e dei contributi audio o video se esistenti.  Di un emissione maggiore rispetto al vociare dei presenti in attesa dell’inizio ma non alzerei tanto il master del mixer. Il pubblico deve poter sentire le parole del relatore con chiarezza ma non è un concerto. Deve poter essere avvolto dal suono ma non aggredito. Ci deve essere concentrazione e maggiore è il volume maggiore sarà il disinteresse causato dal fastidio. Se il luogo è piccolo, consiglio un buon seppur contenuto impianto di almeno 600W per poter sfruttare con un volume adeguato la pulizia del suono. Con un paio di casse di minor portata dovremmo “spingere” il volume lavorando così alla soglia della distorsione. Se il locale invece prevede un buon palco ed una sala di almeno 800 posti, sfrutterei un buon impianto montato in americana o sospeso in modo che dovendo amplificare maggiormente i microfoni non rischio di assordare le prime file e di non avere copertura in fondo sala. Gradirei anche altre due casse laterali a metà sala linkate o meglio comandate da un sub master del mixer. Questo non vale per i meeting di compagnie multilevel in quanto in queste occasioni serve, soprattutto nel momenti di “carica” della musica e dei microfoni talmente alti da creare un euforia quasi da discoteca. Per un comizio in piazza la voce del politico deve galvanizzare l’attenzione di tutti ed il volume ed il messaggio devono essere ben presenti in ogni angolo. Quindi grandi impianti e grandi volumi.
Per una musica di sottofondo, come ad esempio per un relax o per accompagnare  un voce narrante la base deve essere percettibile ma non direttamente leggibile. Deve avvolgere e non sopraffare. Deve essere piacevole e non invadere.  A questo proposito consiglio una musica strumentale, non cantata.
Se per una cena o un punto di ritrovo, ricordatevi che nessuno principalmente è venuto per ascoltare musica ma per mangiare o per conversare e fare relazioni sociali e non è carino che si ritrovino ad urlare.
Differente per i live show, le discoteche e qualsiasi evento si voglia stordire nel bene o nel male le persone coinvolte. L’evento è il suono ed il pubblico deve essere sopraffatto dal suono, stupefatto. Grandi spazi grandi watt, musica live o dj set devono richiamare l’attenzione e magnetizzare. Per un concerto il suono anche di kw deve essere pulito mentre per i dj’s la cosa è meno importante e maccheronica. Tutto a palla sino a che ogni indicatore led non è fisso sul rosso! La distorsione è ammessa a favore della potenza.
Alcuni services audio usano dei limiters fra il mixer ed il P.A. per salvaguardare i loro costosi impianti.
Concezioni diverse, luoghi diversi e culture lontane. Pensiamo alle orchestre di musica classica che con l’amplificazione hanno un rapporto strano… vorrebbero che tutto sia acustico ma siccome l’emissione di un violino non può riempire un arena (forse un piccolo teatro) il musicista non ama vedere ne cavi ne microfoni (tranne i musicisti “evoluti” che usano violini amplificati) e tutto nell’allestimento deve sembrare invisibile. Si usa anche far scendere dal graticcio di un teatro dei microfoni panoramici a scomparsa nascondendoli dietro un cielo per non farli notare. Altrimenti aste e microfoni dinamici (o panoramici) per ogni sezione.
L’amplificazione è una cosa particolare per ogni situazione. La sua esigenza in teatro deve essere quasi impercettibile, naturale come in un opera lirica. Il suono dovrebbe sembrare provenire dal palcoscenico, dalla buca d’orchestra e dai cantanti e non dalle casse acustiche. È questa la sensazione giusta. Molti fonici credono di essere pagati a watt e non a prestazione. Un buon lavoro ed una buona amplificazione dipende dalle circostanze e fa nel nostro mestiere un buon fonico.

Roberto Iacomucci

venerdì 5 aprile 2013

CONNESSIONI AUDIO

                                                         CONNESSIONI AUDIO



PARLIAMO DELL'AUDIO - MONO O STEREO?


PARLIAMO DELL’ AUDIO

Mono o Stereo?

Girando per locali d’intrattenimento, ristoranti o circoli privati mi ritrovo spesso a notare come dei dj improvvisati o gestori di locali fatichino nel far funzionare sistemi audio molto semplici costituiti da un semplice mixer a pochi canali ed un paio di casse amplificate, giusto il necessario per far ascoltare alla clientela un po’ di musica o al massimo un paio di microfoni se si tratta del piano barista che intende cantare su delle basi.
Quello che è più sconcertante è che questi improvvisati signori spendano i loro quattrini per strumenti economici risparmiando ancora di più sui cavi di connessione.
Ed a volte sbagliando clamorosamente sulla scelta del cavo microfonico o dei collegamenti mono- stereo. Pare che con un semplice cavo di corrente sia possibile “allacciare” qualsiasi apparecchiatura audio saldandoci all’estremità il giusto connettore. Non è così.
Ho imparato che i cavi di connessione a volte sono più importanti delle apparecchiature usate. Ho conosciuto diversi fonici di studio o live che equalizzano un suono di sorgente con la scelta ponderata del cavo. Con la sua sezione, la sua composizione tecnologica e la sua lunghezza.
Non voglio assolutamente imitare o profetizzare il lavoro e l’esperienza di professionisti ma almeno aiutare coloro che malgrado tutto sono costretti a cablare un piccolo impianto per poter realizzare una serata fra amici.
Le connessioni audio più frequentemente usate sono Quattro:
1 jack mono per strumenti musicali (es. chitarre, Bassi, tastiere)
2 pin jack (rca) per cd player, dvd
3 cannon xlr per microfoni, uscite master mixer
4 mini jack stereo per personal computer, smart-phone
Una chitarra elettrica ha come uscita sempre un connettore jack mono femmina indistintamente dal numero di pick-up che ha sul suo corpo. (di solito tre; uno al manico, uno al ponte ed uno intermedio) mentre una tastiera spesso ha due uscite di collegamento per l’effetto stereo, quindi una per il canale di sinistra (left) ed una per il canale di destra (right). A volte, se si decide di collegarla in mono (un solo canale) basta usare il solo canale sinistro (left). Se si tratta di una tastiera poco professionale occorre usare l’uscita per le cuffie che comunque è stereo, quindi un jack stereo.
Oltre alla diversità fra jack mono o stereo, dobbiamo in qualche modo capire la differenza fra un cavo bilanciato o sbilanciato: un cavo sbilanciato (come un cavo mono ad esempio) ha al suo interno un unico filo positivo detto “caldo” ed una calza collegata a massa (negativo).
Un cavo bilanciato ha tre contatti: un filo rosso per il collegamento positivo (caldo), uno di colore blu per il negativo (meno) e la calza per il collegamento di massa a terra.
Un mio amico un giorno mi duplicò un immagine molto utile dove tutte queste connessioni sono spiegate in modo molto semplice ed esplicativo.
Condivido con voi questo piccolo tesoro. Buon lavoro.


Roberto Iacomucci

giovedì 7 febbraio 2013

INTRAPRENDENZA E SPERIMENTAZIONE


INTRAPRENDENZA E SPERIMENTAZIONE

La mia intraprendenza mi ha portato ad eseguire lavori importanti ed a risolvere problemi sul campo e nell’immediato non perché io abbia studiato fascicoli e libri e teorie considerevoli di chissà quale genere o mestiere ma solo perché ho sperimentato ed improvvisato “sulla mia pelle” e sulle mie strumentazioni forme e condizioni sconosciute, legate più al cospetto dell’oggetto e della materia piuttosto che alla lettura.
Ricordo di come sperimentavo con amici i primi registratori a nastro Revox o Geloso a due tracce (i primi registratori stereo) e di come poi siamo venuti a conoscenza che un sistema da noi adottato per la registrazione multi traccia si chiamava SOUND ON SOUND.
Eravamo già in grado di poterlo usare e conoscevamo i suoi pregi e difetti quando altri “colleghi” lo scoprirono. Anche se questo sistema risale agli anni ’60 noi nel decennio successivo non avevamo la possibilità di informazione che ora abbiamo grazie ad internet ed i libri in materia erano così costosi e difficili da reperire che con quello che disponevamo preferivamo comprarci strumenti ed impararli ad usarli a volte grazie al manuale delle istruzioni!
In merito ricordo il primo registratore multi tracce a cassette che comprai…
Portato a casa senza imballo ne istruzioni visto che l’avevo acquistato usato provai subito ad accenderlo. Wow si accendeva e quella meccanica mi sembrava così robusta e precisa con il punch-in e punch-out e tutte le memorizzazioni che spinsi subito il tasto play. Ma la meccanica non girava!!! Non succedeva niente! Mi allarmai e convinto di aver comprato con i miei risparmi uno strumento rotto mi disperai. Poi il lampo di genio! Dovevo inserirci la cassetta!!! Cosa che con i normali registratori a cassette non era necessario per veder girare i motorini, solo il pulsante rec non si attivava.
Un sospiro di sollievo mi innondò e la gioia di poter sperimentare tutti quei pulsanti nuovi non mi faceva dormire la notte.
Quindi per noi la sperimentazione era lo scopo del lavoro e delle nostre giornate e scoprivamo giornalmente cose nuove come un bimbo che per gioco parla inglese e poi scopre che è una lingua. Da bambini ci divertivamo a creare band musicali senza strumenti. La batteria era realizzata con fusti di detersivo ed i piatti con cerchi di cartone fissati su stecchi di legno, le chitarre manici di scopa. Non ci serviva altro, suonavamo e basta (per modo di dire). I primi veri strumenti vennero dopo, quando i nostri genitori esausti dalle nostre richieste si decisero ad investire qualche migliaia di lire su una chitarra usata o su dei fusti di legno per batteria. I microfoni erano superfui…così io ho imparato a suonare, a capire se una chitarra si poteva collegare ad un amplificatore che nella migliore delle ipotesi era uno stereo di casa o una vecchia radio a valvole.
Le fender, gibson, Marshall ecc vennero dopo.
Ora in questo grande permissivismo e consumismo ed offerte di mercato avviene l’esatto opposto. Come dice un mio amico: “ha l’i-phone ma non sa nemmeno accenderlo!”
Credo indubbiamente che la tecnologia abbia fatto passi da gigante ma non per questo se non si ha a disposizione il microfono “giusto” si debba per forza mandare tutto all’aria. E che non ci sia bisogno per le nuove generazioni che si affacciano all’audio o ad altri mestieri studiare chissà quali parametri prima di mettere mano su una attrezzatura.
Credo siano importanti poche regole basilari su poi studiare e costruire. Mio padre mi insegnò che i mestieri si imparano osservando altri. Credo che le seguenti regole siano importanti:
1)   Talento e predisposizione
2)   Orecchio o “occhio”
3)   Adattarsi, flessibilità e sapere dare il meglio con pochi mezzi  
Ho così basato la mia professione sapendo in principio le nozioni basilari e tutti i miei successi li ho ottenuti usando in audio le mie orecchie ed il mio istinto.
Ogni situazione è fine a se stessa e se non riesci ad essere flessibile al fine della giusta riuscita non otterrai nulla. L’adeguamento è intelligenza ed introspezione e crescita. La rigidità ottusità ed ignoranza.
Preferisco avere come musicista un fonico che intuisca cosa intendo fare invece di un mega-tecnico  che in base all’ xy dei microfoni ed ai Db e la risposta in frequenza io debba suonare in un altro modo. È lui che dovrebbe sapere cosa ricavare da un suono e non io che devo produrre quello che a lui piacerebbe sentire. Se registri i suoni della natura la natura non cambia in base al registratore che hai. Tu devi conoscere il tuo registratore ed utilizzarlo al meglio.
Questo principio è molto valido per il live o per il lavoro on the road e soprattutto per tutti quei concerti in cui Dio perdona i musicisti perché non sanno quello che fanno…(se sei un fonico sappi che se si sente male è sempre colpa tua, quindi adattati e fai si che tutto sia ok prima di tapparti le orecchie).
Io sono fonico, tecnico e regista di spettacoli, compositore e polistrumentista e tutto se non fosse per la mia indiscussa pazienza e malleabilità non sarebbe mai avvenuto.                                    
                                          Roberto Iacomucci